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Cassazione Civile: nullità del contratto d'ufficio su domanda adempimento o risoluzione

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza interlocutoria 28 novembre 2011, n. 25151
 

Cassazione Lavoro: no alla responsabilità automatica del committente per infortunio lavoratore

Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 30 gennaio 2012, n. 3563
 

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20-09-2011

Cassazione Civile: danno da illegittimo protesto

Corte di Cassazione - Sezione Civile, Sentenza 8 settembre 2011

 

da www.filodiritto.it 

In una causa relativa al rimborso delle spese e al risarcimento dei danni subiti da una società per l'illegittimo protesto di titoli di credito (quattro assegni) emessi nei limiti dell'affidamento concesso dalla banca e prima che il rapporto di credito fosse risolto, la Corte ha escluso il diritto al risarcimento dei danni a favore della società ricorrente in quanto "la semplice illegittimità del protesto, pur costituendo indizio in ordine alla esistenza di un pregiudizio alla reputazione .. non è di per sé sufficiente per la liquidazione del danno", per la quale il danneggiato è tenuto a dimostrare la gravità della lesione subita e la non futilità delle sue conseguenze, anche mediante presunzioni semplici (Cassazione 25 marco 2009, n. 7211, Sezioni unite sentenza n. 26972 del 2008).

Pertanto, diversamente da quanto affermato in passato dalla stessa Corte, la provata illegittimità del protesto e il potenziale pregiudizio derivante dall'iscrizione nel bollettino dei protesti non sono più di per sé la prova della lesione del diritto all'immagine.

Occorrerà pertanto "dimostrare che proprio il protesto (non dovuto) di quei quattro specifici assegni, in aggiunta al legittimo protesto degli altri, ha inciso negativamente in modo significativo sull'immagine e sulla reputazione della medesima società".


Corte Costituzionale: no alla sospensione del processo penale per le alte cariche dello Stato

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato).

Sotto un primo profilo la Consulta ha affermato che:

- Il problema dell'individuazione dei limiti quantitativi e qualitativi delle prerogative assume una particolare importanza nello Stato di diritto, perché, da un lato, come già rilevato da questa Corte, «alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione» (sentenza n. 24 del 2004) e, dall'altro, gli indicati istituti di protezione non solo implicano necessariamente una deroga al suddetto principio, ma sono anche diretti a realizzare un delicato ed essenziale equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, potendo incidere sulla funzione politica propria dei diversi organi. Questa complessiva architettura istituzionale, ispirata ai princípi della divisione dei poteri e del loro equilibrio, esige che la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione debba essere intesa come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali; sistema che non è consentito al legislatore ordinario alterare né in peius né in melius.

Tale conclusione, dunque, non deriva dal riconoscimento di una espressa riserva di legge costituzionale in materia, ma dal fatto che le suddette prerogative sono sistematicamente regolate da norme di rango costituzionale. Tali sono, ad esempio, le norme che attengono alle funzioni connesse alle alte cariche considerate dalla norma denunciata, come: l'art. 68 Cost., il quale prevede per i parlamentari (e, quindi, anche per i Presidenti delle Camere) alcune prerogative sostanziali e processuali in relazione sia a reati funzionali (primo comma) sia a reati anche extrafunzionali (secondo e terzo comma); l'art. 90 Cost., il quale prevede l'irresponsabilità del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; l'art. 96 Cost., il quale prevede per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i ministri, anche se cessati dalla carica, la sottoposizione alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, secondo modalità stabilite con legge costituzionale.

Sotto un secondo profilo, la Consulta ha argomentato come segue:

- La denunciata sospensione è, infatti, derogatoria rispetto al regime processuale comune, perché si applica solo a favore dei titolari di quattro alte cariche dello Stato, con riferimento ai processi instaurati nei loro confronti, per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi e, in particolare, ai reati extrafunzionali, cioè estranei alle attività inerenti alla carica. La deroga si risolve, in particolare, in una evidente disparità di trattamento delle alte cariche rispetto a tutti gli altri cittadini che, pure, svolgono attività che la Costituzione considera parimenti impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche o funzioni pubbliche (art. 54 Cost.) o, ancora piú generalmente, quelle che il cittadino ha il dovere di svolgere, al fine di concorrere al progresso materiale o spirituale della società (art. 4, secondo comma, Cost.).

È ben vero che il principio di uguaglianza comporta che, se situazioni uguali esigono uguale disciplina, situazioni diverse possono richiedere differenti discipline. Tuttavia, in base alla giurisprudenza di questa Corte citata al punto 7.3.1., deve ribadirsi che, nel caso in cui la differenziazione di trattamento di fronte alla giurisdizione riguardi il titolare o un componente di un organo costituzionale e si alleghi, quale ragione giustificatrice di essa, l'esigenza di proteggere le funzioni di quell'organo, si rende necessario che un tale ius singulare abbia una precisa copertura costituzionale. Si è visto, infatti, che il complessivo sistema delle suddette prerogative è regolato da norme di rango costituzionale, in quanto incide sull'equilibrio dei poteri dello Stato e contribuisce a connotare l'identità costituzionale dell'ordinamento.

Le pur significative differenze che esistono sul piano strutturale e funzionale tra i Presidenti e i componenti di detti organi non sono tali da alterare il complessivo disegno del Costituente, che è quello di attribuire, rispettivamente, alle Camere e al Governo, e non ai loro Presidenti, la funzione legislativa (art. 70 Cost.) e la funzione di indirizzo politico ed amministrativo (art. 95 Cost.). Non è, infatti, configurabile una preminenza del Presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai ministri, perché egli non è il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l'unità, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri e ricopre, perciò, una posizione tradizionalmente definita di primus inter pares".

La Corte ha così concluso: "la sospensione processuale prevista dalla norma censurata è diretta essenzialmente alla protezione delle funzioni proprie dei componenti e dei titolari di alcuni organi costituzionali e, contemporaneamente, crea un'evidente disparità di trattamento di fronte alla giurisdizione. Sussistono, pertanto, entrambi i requisiti propri delle prerogative costituzionali, con conseguente inidoneità della legge ordinaria a disciplinare la materia. In particolare, la normativa censurata attribuisce ai titolari di quattro alte cariche istituzionali un eccezionale ed innovativo status protettivo, che non è desumibile dalle norme costituzionali sulle prerogative e che, pertanto, è privo di copertura costituzionale. Essa, dunque, non costituisce fonte di rango idoneo a disporre in materia".

(Corte Costituzionale, Sentenza 19 ottobre 2009, n.262: Sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato - Incostituzionalità).

da http://www.filodiritto.com

 


 
 

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